Fra i racconti interessantissimi della vita di Gesù, contenuti nei quattro Vangeli, si trovano i racconti della guarigione fisica specifica di almeno sei ciechi. Come ha fatto? Perché alcuni sì e altri no?
Forse il più bello è quello raccontato nel Vangelo di Giovanni, nel capitolo 9, perché la storia coinvolge non solo Gesù e il cieco, ma anche i suoi discepoli, i genitori del cieco, e i capi religiosi. Leggerlo è affascinante, perché si scopre che i genitori del cieco avevano paura di dire come mai era guarito e chi l’aveva guarito, i religiosi dicevano che certamente non era stato guarito da Gesù, ma il cieco stesso evita le discussioni religiose, pretenziose e vuote, e dichiara: “Una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo” (Vangelo di Giovanni 9:25).
Lasciamo perdere, allora, le noiose discussioni religiose e i dibattiti fra esperti. Andiamo al sodo: quando una persona ha un bisogno profondo che non sa risolvere, cerca i fatti, non le chiacchiere. E, di solito, Gesù faceva due sole domande ai ciechi. Un esempio della prima domanda si trova nel vangelo di Marco, capitolo 10, versetto 51: “E Gesù, rivolgendosi a lui, gli disse: «Che cosa vuoi che ti faccia?» Il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io ricuperi la vista»”. Desidero vedere. Vorrei vederci chiaro!
Più chiaro di così! Anche per te, se tu incontrassi Gesù oggi, e volessi intavolare quelle stesse discussioni che fai, a volte, con i tuoi compagni, Gesù ti lascerebbe a bocca asciutta, perché non è una persona di molte chiacchiere.
La sua seconda domanda a altri ciechi che lo cercavano e gli chiedevano la guarigione, è stata altrettanto chiara.
“Gesù disse loro: «Credete voi che io possa far questo?» Essi gli risposero: «Sì, Signore»” (Matteo 9:28).
Gesù, a quel punto era pronto ad agire. Quei due ciechi avevano espresso una fede che non era comune.
“Allora toccò loro gli occhi dicendo: «Vi sia fatto secondo la vostra fede». E gli occhi loro furono aperti” (Matteo 9:29,30).
Ecco, in poche parole, la risposta alla domanda: “Gesù, come guariva i ciechi?”
Primo, guariva soltanto le persone che avevano un bisogno reale e che lo sapevano. Anzi, che erano pronte a dimostrare l’umiltà di chiedere aiuto. Sapevano che il loro problema non poteva essere risolto umanamente.
Secondo, Gesù guariva immanchevolmente quelli che dichiaravano di avere fede in Lui.
Allora, tu sai di avere un problema che nessun altro può risolvere? Tu credi davvero che Gesù potrà risolverlo? Se non sei sicuro della tua risposta, vai avanti a leggere il secondo articolo su questo sito, dal titolo che cita delle parole di Gesù: “Colui che viene a me, non lo caccerò fuori”.
Comprenderai subito perché Gesù guariva alcuni ciechi, e altri no.
“Colui che viene a me, non lo caccerò fuori”
Ecco le parole più confortanti e importanti che un essere umano possa sentire! Fanno parte di un discorso di Gesù, riportato nel Vangelo di Giovanni, capitolo 6.
Parliamo di ciechi. Secondo i vangeli, Gesù non ha mai incontrato un solo cieco che non abbia potuto guarire. Bastavano solo due condizioni: primo, che riconoscessero di avere bisogno di essere guariti e, secondo, che avessero fede che Gesù lo potesse fare.
Eppure centinaia, o migliaia, di ciechi non sono stati guariti. Erano dei ciechi “speciali”! Nel vangelo di Giovanni, capitolo 9, c’è il racconto avvincente e profondo di un uomo nato cieco che Gesù ha guarito. Un gruppo di uomini, che avevano saputo del miracolo, faceva tutto il possibile per spaventare il “miracolato” per impedire che dicesse a qualcuno che il miracolo era stato fatto da Gesù.
Quando Gesù si rese conto di ciò che stava succedendo, disse: «Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi».
Spesso Gesù parlava in paradossi che facevano ragionare, perché sembravano delle contraddizioni. Qui disse che era venuto nel mondo non solo per dare la vista ai ciechi, ma che avrebbe tolto la vista a chi non era cieco!
Gli uomini che davano fastidio al cieco guarito hanno creduto di capire ciò che Gesù intendeva dire. Essi appartenevano all’ordine religioso ebraico dei Farisei, e si credevano migliori di chiunque altro.
Punti nell’orgoglio, dissero a Gesù: “Non vorrai mica dire che noi siamo quelli che sono diventati ciechi?”
Avevano capito che Gesù non parlava più della cecità degli occhi, ma della cecità dell’anima. I ciechi dell’anima sono quelli che possono vederci bene con gli occhi, ma che rifiutano di capire e credere alla verità che non va d’accordo con le loro idee religiose. In questo senso, erano proprio ciechi. Non volevano credere che Gesù fosse Dio e che potesse non solo guarire gli ammalati ma, cosa ancora più grande, salvare i peccatori dal giudizio di Dio.
Come ha risposto a quei religiosi per far loro vedere la loro colpa? “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: «Noi vediamo», il vostro peccato rimane” (Giovanni 9:41).
Essere, agli occhi di Dio, dei peccatori non è una cosa strana: tutti gli uomini sono peccatori. Tutti hanno bisogno di confessare a Dio che lo sono e chiedergli il perdono dei loro peccati e il dono della salvezza, offerta per grazia da Dio e resa possibile dalla morte e dalla risurrezione di Cristo.
Proprio per questo, Gesù ha detto, come è scritto nel titolo di questo articolo: “Colui che viene a me, non lo caccerò fuori”.
Dio non si sorprende che tu sia peccatore, che tu abbia peccato, a volte per sbaglio, altre volte proprio per una tua decisione. Tutti gli esseri umani fanno così.
Non soltanto Dio non si sorprende di trovarsi davanti ad un peccatore, ma ha mandato Gesù proprio a morire per i peccatori, perché tu possa essere perdonato e ricevere in dono una vita nuova, di amicizia e armonia con Lui.
Gesù paragona la tua vita fin qui a quella di un cieco. Molte cose non le hai sapute, molte cose non le hai capite, molte cose non hai saputo evitarle, molti pasticci spiacevoli li hai creati tu. Se tu dici a Gesù che sei un cieco e che vuoi essere guarito, Lui ti comprende perfettamente. Egli promette che non caccerà mai via un cieco che chiede il suo aiuto, anzi che chiede la guarigione dalla cecità del suo peccato.
Così, con la tua preghiera semplice e sincera tu potrai compiere anche la seconda delle cose che Gesù ti chiede per ottenere la salvezza: non solo la confessione che sei un peccatore degno della sua condanna e che chiedi il suo perdono, ma anche che tu sei convinto che Egli ti vuole e può perdonare e togliere tutta la colpa dei tuoi peccati. Insomma, tu credi in Lui come tuo Salvatore e Signore.
Ecco tre meravigliose promesse che Gesù fa a te e a chiunque fa come tu hai fatto.
Ora, prima di concludere, ti devo ricordare di nuovo le parole che Gesù disse ai quei religiosi ebrei, così sicuri di essere nel giusto che non vollero né ascoltare Gesù né credere a quello che diceva. Essi erano convinti di “vederci chiaro” senza l’aiuto di Gesù, e perciò Egli ha detto loro: “Siccome dite: «Noi vediamo», il vostro peccato rimane” (Giovanni 9:41).
È abbastanza normale che alcuni che leggeranno questo blog potranno dire: “Non credo a Dio né alla religione e perciò non credo a questa roba” o, forse, alcuni altri diranno: “Ma io ho la mia religione e quella mi basta. Non la posso cambiare dopo tutto questo tempo”. Qualcun altro dirà: “Vorrei capire di più”.
È chiaro: la scelta è tua. Nessuno dice di no. Però è evidente che ogni scelta ha le sue conseguenze inevitabili. Per questo motivo, ti merita pensarci bene.
Se vuoi delle risposte alle tue domande, o se desideri altre letture per aiutarti a capire di più, puoi mandare le tue richieste a questo indirizzo:
Istituto Biblico Bereano
Via Pozzuoli 9
00182 Roma (RM)
Per potere aiutarti a capire meglio questo argomento, in questa pagina vi sono alcune semplici definizioni delle parole che abbiamo usate.
Parliamo di ciechi. Secondo i vangeli, Gesù non ha mai incontrato un solo cieco che non abbia potuto guarire. Bastavano solo due condizioni: primo, che riconoscessero di avere bisogno di essere guariti e, secondo, che avessero fede che Gesù lo potesse fare.
Eppure centinaia, o migliaia, di ciechi non sono stati guariti. Erano dei ciechi “speciali”! Nel vangelo di Giovanni, capitolo 9, c’è il racconto avvincente e profondo di un uomo nato cieco che Gesù ha guarito. Un gruppo di uomini, che avevano saputo del miracolo, faceva tutto il possibile per spaventare il “miracolato” per impedire che dicesse a qualcuno che il miracolo era stato fatto da Gesù.
Quando Gesù si rese conto di ciò che stava succedendo, disse: «Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi».
Spesso Gesù parlava in paradossi che facevano ragionare, perché sembravano delle contraddizioni. Qui disse che era venuto nel mondo non solo per dare la vista ai ciechi, ma che avrebbe tolto la vista a chi non era cieco!
Gli uomini che davano fastidio al cieco guarito hanno creduto di capire ciò che Gesù intendeva dire. Essi appartenevano all’ordine religioso ebraico dei Farisei, e si credevano migliori di chiunque altro.
Punti nell’orgoglio, dissero a Gesù: “Non vorrai mica dire che noi siamo quelli che sono diventati ciechi?”
Avevano capito che Gesù non parlava più della cecità degli occhi, ma della cecità dell’anima. I ciechi dell’anima sono quelli che possono vederci bene con gli occhi, ma che rifiutano di capire e credere alla verità che non va d’accordo con le loro idee religiose. In questo senso, erano proprio ciechi. Non volevano credere che Gesù fosse Dio e che potesse non solo guarire gli ammalati ma, cosa ancora più grande, salvare i peccatori dal giudizio di Dio.
Come ha risposto a quei religiosi per far loro vedere la loro colpa? “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: «Noi vediamo», il vostro peccato rimane” (Giovanni 9:41).
Essere, agli occhi di Dio, dei peccatori non è una cosa strana: tutti gli uomini sono peccatori. Tutti hanno bisogno di confessare a Dio che lo sono e chiedergli il perdono dei loro peccati e il dono della salvezza, offerta per grazia da Dio e resa possibile dalla morte e dalla risurrezione di Cristo.
Proprio per questo, Gesù ha detto, come è scritto nel titolo di questo articolo: “Colui che viene a me, non lo caccerò fuori”.
Dio non si sorprende che tu sia peccatore, che tu abbia peccato, a volte per sbaglio, altre volte proprio per una tua decisione. Tutti gli esseri umani fanno così.
Non soltanto Dio non si sorprende di trovarsi davanti ad un peccatore, ma ha mandato Gesù proprio a morire per i peccatori, perché tu possa essere perdonato e ricevere in dono una vita nuova, di amicizia e armonia con Lui.
Gesù paragona la tua vita fin qui a quella di un cieco. Molte cose non le hai sapute, molte cose non le hai capite, molte cose non hai saputo evitarle, molti pasticci spiacevoli li hai creati tu. Se tu dici a Gesù che sei un cieco e che vuoi essere guarito, Lui ti comprende perfettamente. Egli promette che non caccerà mai via un cieco che chiede il suo aiuto, anzi che chiede la guarigione dalla cecità del suo peccato.
Così, con la tua preghiera semplice e sincera tu potrai compiere anche la seconda delle cose che Gesù ti chiede per ottenere la salvezza: non solo la confessione che sei un peccatore degno della sua condanna e che chiedi il suo perdono, ma anche che tu sei convinto che Egli ti vuole e può perdonare e togliere tutta la colpa dei tuoi peccati. Insomma, tu credi in Lui come tuo Salvatore e Signore.
Ecco tre meravigliose promesse che Gesù fa a te e a chiunque fa come tu hai fatto.
- “Colui che viene a me, non lo caccerò fuori” (Giovanni 6:27).
- “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Giovanni 5:24).
- “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti; e nessuno può rapirle dalla mano del Padre” (Giovanni 10:27-29).
Ora, prima di concludere, ti devo ricordare di nuovo le parole che Gesù disse ai quei religiosi ebrei, così sicuri di essere nel giusto che non vollero né ascoltare Gesù né credere a quello che diceva. Essi erano convinti di “vederci chiaro” senza l’aiuto di Gesù, e perciò Egli ha detto loro: “Siccome dite: «Noi vediamo», il vostro peccato rimane” (Giovanni 9:41).
È abbastanza normale che alcuni che leggeranno questo blog potranno dire: “Non credo a Dio né alla religione e perciò non credo a questa roba” o, forse, alcuni altri diranno: “Ma io ho la mia religione e quella mi basta. Non la posso cambiare dopo tutto questo tempo”. Qualcun altro dirà: “Vorrei capire di più”.
È chiaro: la scelta è tua. Nessuno dice di no. Però è evidente che ogni scelta ha le sue conseguenze inevitabili. Per questo motivo, ti merita pensarci bene.
Se vuoi delle risposte alle tue domande, o se desideri altre letture per aiutarti a capire di più, puoi mandare le tue richieste a questo indirizzo:
Istituto Biblico Bereano
Via Pozzuoli 9
00182 Roma (RM)
Per potere aiutarti a capire meglio questo argomento, in questa pagina vi sono alcune semplici definizioni delle parole che abbiamo usate.
Come posso credere a cose che non capisco?
La tua domanda è ragionevole. Spesso la stessa parola ha più di un significato, secondo chi la usa. Per capire un discorso, bisogna essere sicuri di avere capito bene il significato delle parole.
Particolarmente in un campo come la religione, e come la Bibbia, che è stata scritta almeno duemila anni fa, le parole spesso hanno cambiato significato. Le seguenti spiegazioni ti aiuteranno a capire se stiamo dicendo, tu ed io, la stessa cosa.
Il peccato
Oggi non si capisce più cosa sia il peccato. Alcuni dicono che il peccato non esiste, perché si tratta soltanto di un nome per gli errori che ognuno può fare, senza intendere di fare male o di offendere nessuno. Le diverse religioni, le sette, i filosofi e gli psicologi fanno una grande confusione riguardo a questa parola. O la parola non vuol dire nulla, o bisognerebbe riscoprire il suo significato giusto.
Secondo la Bibbia, non sono gli uomini o le chiese che decidono cosa sia il peccato (come, per esempio, mangiare o no la carne il venerdì, cosa di cui la Bibbia non parla proprio), ma è Dio che lo definisce.
Dio, quando ha creato l’uomo, voleva che vivesse in un mondo perfetto, in uno stato di maturità esemplare, in un mondo in cui fosse in armonia con il creato, con le bestie e gli uomini, e, soprattutto, in armonia con Dio. Perciò, qualsiasi pensiero, atteggiamento, parola o azione che non contribuisce, o che interferisce, con questo equilibrio perfetto significa che l’uomo fa male a se stesso, diffonde il male nel mondo in cui vive e, soprattutto, offende Dio stesso. Sono questi pensieri, parole e azioni che la Bibbia chiama peccato.
Quando noi guardiamo intorno a noi, alla nazione e alla società in cui viviamo, e quando guardiamo dentro di noi, possiamo riconoscere che il peccato è dappertutto. La Bibbia conferma la nostra osservazione con queste parole: “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23). O sarebbe meglio dire questo in modo diverso: sono le nostre azioni, parole e pensieri che confermano la veridicità assoluta di questa affermazione biblica. In realtà, abbiamo tutti peccato e tutti pecchiamo ogni giorno.
La morte
La Bibbia insegna che il risultato del peccato nella vita di ogni persona umana è la sua morte. Ma anche qui è necessaria una definizione precisa.
Ai primi due esseri umani, che aveva creati nella perfezione e messi in un luogo perfetto, Dio disse: “nel giorno che tu (mi disubbidirai), certamente morirai” (Genesi 2:17).
Questo può sembrare un risultato non proporzionato alla disubbidienza, ma la disubbidienza a Dio ha inserito in un mondo perfetto un principio di imperfezione dalle dimensioni disastrose. L’uomo, come essere che si è ribellato a Dio, ha perso il diritto di godere la comunione con Dio per la quale era stato espressamente creato.
È stato confermato il principio spirituale espresso da Dio nel suo avvertimento ad Adamo, e ricordato dall’Apostolo Paolo: “il salario (la paga) del peccato è la morte” (Romani 6:23).
Nel giorno in cui Adamo ed Eva disubbidirono a Dio non morirono fisicamente. Ma furono esclusi dalla sua presenza e persero la possibilità di avere una relazione di amore e comunione con Dio. Questa separazione da Dio è chiamata, nella Bibbia, “morte spirituale” e tutti gli uomini che peccano, cioè tutti noi, sono già morti spiritualmente e, un giorno, moriranno anche fisicamente.
L’apostolo Paolo l’ha spiegato così: “Per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato...” (Romani 5:12)
Abbiamo visto che, secondo la Bibbia, tutti gli uomini sono dei peccatori, e perciò tu ed io lo siamo. Possiamo dire che, come peccatori, tu ed io siamo già effettivamente dichiarati “morti” spiritualmente e, per di più, saremo soggetti, nel futuro, anche alla morte fisica.
Come peccatori, il nostro destino è già segnato: ci spetta la separazione eterna da Dio.
Il Figlio di Dio
Ma Gesù Cristo, Figlio unico di Dio, è venuto per risolvere il problema della nostra morte spirituale e della separazione da Dio.
A volte si dice, sbagliando, che siamo tutti figli di Dio. In effetti, siamo tutti “creature di Dio” e siamo stati “creati a sua immagine e somiglianza”. Dato che, agli occhi di Dio, siamo morti spiritualmente e che pecchiamo costantemente, più che chiarmarci “figli di Dio”, la Bibbia ci chiama “ribelli” a Dio, e a giudicare dalla nostra vita vissuta, l’apostolo Paolo dice che siamo “nemici di Dio”. Anche se noi non lo abbiamo mai capito prima, questo è il modo in cui Dio ci vede.
Quando Gesù è nato come uomo, Egli è stato chiamato più volte, “Figlio di Dio”. Questo titolo significava che Lui era Dio stesso, perché il figlio ha le caratteristiche e le qualità del padre.
A quei tempi, gli Ebrei capirono correttamente che Gesù intendeva presentarsi non solo come Figlio di Dio, ma come Dio stesso, e per questo atto, che considerarono non solo falso ma anche blasfemo, cercarono di ucciderlo. Alla fine, ci riuscirono.
Ma questa qualità divina di Gesù è la nostra salvezza, perché Egli è venuto per “pagare” per i nostri peccati. Come peccatori, noi non eravamo capaci di “pagare” o toglierci i nostri peccati, cioè quella macchia di colpa che Dio vedeva ogni volta che ci guardava. Per di più, se, per ipotesi, avessimo peccato una sola volta nella vita, e, poi, vissuto una vita esemplare per tutto il resto del nostro tempo sulla terra, non avremmo potuto ugualmente salvarci. Ecco perché: vivere per tanti anni senza uno solo peccato (cosa che è ovviamente impossibile), sarebbe stato, alla fine, soltanto fare il nostro dovere, niente di più. Non avremmo potuto, con quella buona condotta, cancellare il nostro peccato, neanche se fosse stato uno solo. Non avevamo noi nulla con cui pagarlo.
Gesù, invece, pure vivendo fra gli uomini come uomo, non ha mai peccato. Non aveva neanche un solo peccato da scontare o pagare per conto proprio. Ma aveva il potere di morire per pagare il peccato di un altro. E, essendo lui Dio stesso, aveva la possibilità di mettere la sua santità a nostra disposizione, mentre Egli si caricava del nostro peccato, per pagarlo.
L’apostolo Paolo, lo ha spiegato così: “Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Corinzi 5:21).
“Colui che non ha conosciuto peccato cioè Gesù, che non aveva mai peccato e perciò non “conosceva” lo stato di peccatore Egli, cioè Dio stesso, lo ha fatto diventare peccato (ha fatto in modo che Gesù stesso fosse considerato come la somma di tutto i peccati mai commessi), affinché noi (peccatori condannati) diventassimo (o fossimo considerati come se possedessimo) la giustizia di Dio, in lui (Cristo).
L’apostolo Pietro ha spiegato l’opera di Cristo per noi così: “Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue ferite siete stati guariti” (1 Pietro 2:24).
Essere liberati dalla pena dei nostri peccati non dipende da noi. Noi non avevamo né abbiamo alcun merito che potrebbe valere per pagare la condanna dei nostri peccati. Abbiamo bisogno di un Salvatore, di qualcuno che porta via i nostri peccati. Quella persona è Gesù, il Figlio unico di Dio, che per amore di te e di me, ha pagato il prezzo infinito della nostra redenzione, morendo sulla croce, quando suo Padre stesso lo ha abbandonato, perché coperto dal carico del nostro peccato.
Ma come possiamo procurarci questo incredibile, indescrivibile perdono e sapere che siamo salvati per l’eternità?
La fede (il credere)
Ottenere da Dio la sua grazia, il suo perdono, la sua benedizione, il dono della vita eterna è spiegato nella Bibbia come ricevere un dono da Dio, qualcosa che noi non possiamo meritare o guadagnare. Non bastano le nostre buone opere né i riti e i sacramenti, o i meriti di altri per acquistarli.
Per rendere chiara la soluzione che Dio ha creata per la salvezza dell’uomo dalla condanna dei suoi peccati, l’apostolo Paolo ha scritto: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti” (Efesini 2:8,9).
Dio, dice l’apostolo Paolo, non fonda la nostra salvezza dai peccati e dalla morte sulle nostre opere buone, cioè sulle nostre preghiere, penitenze, battesimo o elemosine. Piuttosto, siamo salvati “per grazia”, cioè per la bontà di Dio. La grazia è il motivo per cui Dio agisce in nostro favore, proprio quando noi non meritiamo nulla.
E l’apostolo dice che Dio usa un mezzo per permetterci di ricevere la sua grazia. Questo mezzo è la fede, il credere completamente in ciò che Cristo ha fatto per noi, e non in quello che noi crediamo di potere fare. Paolo dice, parlando della salvezza, della grazia e della fede, cioè di questa opera di Dio, “ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti”.
Paolo spiega che se la salvezza si ottenesse per mezzo delle nostre buone opere, non sarebbe più per fede. Ma se la salvezza è un dono di Dio che noi riceviamo per mezzo della fede, allora non è ottenuto affatto per mezzo delle nostre buone opere.
Nella sua lettera ai Romani 11;6, egli scrive proprio questo: “Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia”.
Alla luce di questi insegnamenti biblici, è chiaro che non possiamo essere salvati per qualcosa che abbiamo fatto o per qualcosa che qualche altra persona ha fatto a noi, per esempio, il battesimo, la comunione, la confessione e l’assoluzione.
La salvezza avviene unicamente per la grazia di Dio, mediante la nostra fede.
Tu credi che Gesù Cristo è il Salvatore che Dio ha mandato per morire sulla croce per pagare ogni tuo debito di peccato? Tu credi che Gesù è morto per te, al tuo posto, perché potesse donarti il dono merviglioso del perdono di tutti i tuoi peccati, facendoti anche il dono della vita eterna con Lui in cielo?
“Credere” non è un’opera meritoria per meritare la salvezza, ma unicamente fidarti delle promesse di Gesù e del suo Padre Celeste.
Il modo migliore per esprimere la tua fede è fare una preghiera sincera a Dio, per dirgli che vuoi essere perdonato dei tuoi peccati e vuoi ricevere per fede la salvezza e la vita eterna.
Ecco un esempio di questo tipo di preghiera:
Per aiutarti nella crescita, abbiamo altri scritti gratuiti che possiamo spedirti, e siamo sempre disponibili per rispondere alle tue domande. Qui sotto c’è l’indirizzo a cui ci puoi scrivere.
Istituto Biblico Bereano
Via Pozzuoli 9
000182 Roma (RM)
Particolarmente in un campo come la religione, e come la Bibbia, che è stata scritta almeno duemila anni fa, le parole spesso hanno cambiato significato. Le seguenti spiegazioni ti aiuteranno a capire se stiamo dicendo, tu ed io, la stessa cosa.
Il peccato
Oggi non si capisce più cosa sia il peccato. Alcuni dicono che il peccato non esiste, perché si tratta soltanto di un nome per gli errori che ognuno può fare, senza intendere di fare male o di offendere nessuno. Le diverse religioni, le sette, i filosofi e gli psicologi fanno una grande confusione riguardo a questa parola. O la parola non vuol dire nulla, o bisognerebbe riscoprire il suo significato giusto.
Secondo la Bibbia, non sono gli uomini o le chiese che decidono cosa sia il peccato (come, per esempio, mangiare o no la carne il venerdì, cosa di cui la Bibbia non parla proprio), ma è Dio che lo definisce.
Dio, quando ha creato l’uomo, voleva che vivesse in un mondo perfetto, in uno stato di maturità esemplare, in un mondo in cui fosse in armonia con il creato, con le bestie e gli uomini, e, soprattutto, in armonia con Dio. Perciò, qualsiasi pensiero, atteggiamento, parola o azione che non contribuisce, o che interferisce, con questo equilibrio perfetto significa che l’uomo fa male a se stesso, diffonde il male nel mondo in cui vive e, soprattutto, offende Dio stesso. Sono questi pensieri, parole e azioni che la Bibbia chiama peccato.
Quando noi guardiamo intorno a noi, alla nazione e alla società in cui viviamo, e quando guardiamo dentro di noi, possiamo riconoscere che il peccato è dappertutto. La Bibbia conferma la nostra osservazione con queste parole: “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23). O sarebbe meglio dire questo in modo diverso: sono le nostre azioni, parole e pensieri che confermano la veridicità assoluta di questa affermazione biblica. In realtà, abbiamo tutti peccato e tutti pecchiamo ogni giorno.
La morte
La Bibbia insegna che il risultato del peccato nella vita di ogni persona umana è la sua morte. Ma anche qui è necessaria una definizione precisa.
Ai primi due esseri umani, che aveva creati nella perfezione e messi in un luogo perfetto, Dio disse: “nel giorno che tu (mi disubbidirai), certamente morirai” (Genesi 2:17).
Questo può sembrare un risultato non proporzionato alla disubbidienza, ma la disubbidienza a Dio ha inserito in un mondo perfetto un principio di imperfezione dalle dimensioni disastrose. L’uomo, come essere che si è ribellato a Dio, ha perso il diritto di godere la comunione con Dio per la quale era stato espressamente creato.
È stato confermato il principio spirituale espresso da Dio nel suo avvertimento ad Adamo, e ricordato dall’Apostolo Paolo: “il salario (la paga) del peccato è la morte” (Romani 6:23).
Nel giorno in cui Adamo ed Eva disubbidirono a Dio non morirono fisicamente. Ma furono esclusi dalla sua presenza e persero la possibilità di avere una relazione di amore e comunione con Dio. Questa separazione da Dio è chiamata, nella Bibbia, “morte spirituale” e tutti gli uomini che peccano, cioè tutti noi, sono già morti spiritualmente e, un giorno, moriranno anche fisicamente.
L’apostolo Paolo l’ha spiegato così: “Per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato...” (Romani 5:12)
Abbiamo visto che, secondo la Bibbia, tutti gli uomini sono dei peccatori, e perciò tu ed io lo siamo. Possiamo dire che, come peccatori, tu ed io siamo già effettivamente dichiarati “morti” spiritualmente e, per di più, saremo soggetti, nel futuro, anche alla morte fisica.
Come peccatori, il nostro destino è già segnato: ci spetta la separazione eterna da Dio.
Il Figlio di Dio
Ma Gesù Cristo, Figlio unico di Dio, è venuto per risolvere il problema della nostra morte spirituale e della separazione da Dio.
A volte si dice, sbagliando, che siamo tutti figli di Dio. In effetti, siamo tutti “creature di Dio” e siamo stati “creati a sua immagine e somiglianza”. Dato che, agli occhi di Dio, siamo morti spiritualmente e che pecchiamo costantemente, più che chiarmarci “figli di Dio”, la Bibbia ci chiama “ribelli” a Dio, e a giudicare dalla nostra vita vissuta, l’apostolo Paolo dice che siamo “nemici di Dio”. Anche se noi non lo abbiamo mai capito prima, questo è il modo in cui Dio ci vede.
Quando Gesù è nato come uomo, Egli è stato chiamato più volte, “Figlio di Dio”. Questo titolo significava che Lui era Dio stesso, perché il figlio ha le caratteristiche e le qualità del padre.
A quei tempi, gli Ebrei capirono correttamente che Gesù intendeva presentarsi non solo come Figlio di Dio, ma come Dio stesso, e per questo atto, che considerarono non solo falso ma anche blasfemo, cercarono di ucciderlo. Alla fine, ci riuscirono.
Ma questa qualità divina di Gesù è la nostra salvezza, perché Egli è venuto per “pagare” per i nostri peccati. Come peccatori, noi non eravamo capaci di “pagare” o toglierci i nostri peccati, cioè quella macchia di colpa che Dio vedeva ogni volta che ci guardava. Per di più, se, per ipotesi, avessimo peccato una sola volta nella vita, e, poi, vissuto una vita esemplare per tutto il resto del nostro tempo sulla terra, non avremmo potuto ugualmente salvarci. Ecco perché: vivere per tanti anni senza uno solo peccato (cosa che è ovviamente impossibile), sarebbe stato, alla fine, soltanto fare il nostro dovere, niente di più. Non avremmo potuto, con quella buona condotta, cancellare il nostro peccato, neanche se fosse stato uno solo. Non avevamo noi nulla con cui pagarlo.
Gesù, invece, pure vivendo fra gli uomini come uomo, non ha mai peccato. Non aveva neanche un solo peccato da scontare o pagare per conto proprio. Ma aveva il potere di morire per pagare il peccato di un altro. E, essendo lui Dio stesso, aveva la possibilità di mettere la sua santità a nostra disposizione, mentre Egli si caricava del nostro peccato, per pagarlo.
L’apostolo Paolo, lo ha spiegato così: “Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Corinzi 5:21).
“Colui che non ha conosciuto peccato cioè Gesù, che non aveva mai peccato e perciò non “conosceva” lo stato di peccatore Egli, cioè Dio stesso, lo ha fatto diventare peccato (ha fatto in modo che Gesù stesso fosse considerato come la somma di tutto i peccati mai commessi), affinché noi (peccatori condannati) diventassimo (o fossimo considerati come se possedessimo) la giustizia di Dio, in lui (Cristo).
L’apostolo Pietro ha spiegato l’opera di Cristo per noi così: “Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue ferite siete stati guariti” (1 Pietro 2:24).
Essere liberati dalla pena dei nostri peccati non dipende da noi. Noi non avevamo né abbiamo alcun merito che potrebbe valere per pagare la condanna dei nostri peccati. Abbiamo bisogno di un Salvatore, di qualcuno che porta via i nostri peccati. Quella persona è Gesù, il Figlio unico di Dio, che per amore di te e di me, ha pagato il prezzo infinito della nostra redenzione, morendo sulla croce, quando suo Padre stesso lo ha abbandonato, perché coperto dal carico del nostro peccato.
Ma come possiamo procurarci questo incredibile, indescrivibile perdono e sapere che siamo salvati per l’eternità?
La fede (il credere)
Ottenere da Dio la sua grazia, il suo perdono, la sua benedizione, il dono della vita eterna è spiegato nella Bibbia come ricevere un dono da Dio, qualcosa che noi non possiamo meritare o guadagnare. Non bastano le nostre buone opere né i riti e i sacramenti, o i meriti di altri per acquistarli.
- Non può dipendere dalla nostra bontà naturale perché ci vorrebbe una bontà perfetta, che non è mai venuta meno, neanche una volta. Ma la Bibbia dice: “Non vi è alcun giusto, neppure uno” (Romani 3:10).
- Non può dipendere dalle nostre opere buone e meriti, perché ogni atto nostro è limitato dalla nostra umanità e dal nostro peccato. Isaia, il profeta, parla nell’Antico Testamento dell’uomo che, pure credendo e volendo di fare il bene, o addirittura riuscendo a farlo, non fa altro che ingannarsi, perché: “Tutti quanti siamo diventati come l'uomo impuro, tutta la nostra giustizia come un abito sporco; tutti quanti appassiamo come foglie e la nostra iniquità ci porta via come il vento” (Isaia 64:6).
- Non può dipendere dai riti religiosi che abbiamo fatto, o che altri hanno fatto per noi, come è scritto nella Lettera agli Ebrei: “Ogni sacerdote sta in piedi ogni giorno a svolgere il suo servizio e offrire ripetutamente gli stessi sacrifici che non possono mai togliere i peccati, (ma) Gesù, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio” (Ebrei 10:11,12).
Per rendere chiara la soluzione che Dio ha creata per la salvezza dell’uomo dalla condanna dei suoi peccati, l’apostolo Paolo ha scritto: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti” (Efesini 2:8,9).
Dio, dice l’apostolo Paolo, non fonda la nostra salvezza dai peccati e dalla morte sulle nostre opere buone, cioè sulle nostre preghiere, penitenze, battesimo o elemosine. Piuttosto, siamo salvati “per grazia”, cioè per la bontà di Dio. La grazia è il motivo per cui Dio agisce in nostro favore, proprio quando noi non meritiamo nulla.
E l’apostolo dice che Dio usa un mezzo per permetterci di ricevere la sua grazia. Questo mezzo è la fede, il credere completamente in ciò che Cristo ha fatto per noi, e non in quello che noi crediamo di potere fare. Paolo dice, parlando della salvezza, della grazia e della fede, cioè di questa opera di Dio, “ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti”.
Paolo spiega che se la salvezza si ottenesse per mezzo delle nostre buone opere, non sarebbe più per fede. Ma se la salvezza è un dono di Dio che noi riceviamo per mezzo della fede, allora non è ottenuto affatto per mezzo delle nostre buone opere.
Nella sua lettera ai Romani 11;6, egli scrive proprio questo: “Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia”.
Alla luce di questi insegnamenti biblici, è chiaro che non possiamo essere salvati per qualcosa che abbiamo fatto o per qualcosa che qualche altra persona ha fatto a noi, per esempio, il battesimo, la comunione, la confessione e l’assoluzione.
La salvezza avviene unicamente per la grazia di Dio, mediante la nostra fede.
Tu credi che Gesù Cristo è il Salvatore che Dio ha mandato per morire sulla croce per pagare ogni tuo debito di peccato? Tu credi che Gesù è morto per te, al tuo posto, perché potesse donarti il dono merviglioso del perdono di tutti i tuoi peccati, facendoti anche il dono della vita eterna con Lui in cielo?
“Credere” non è un’opera meritoria per meritare la salvezza, ma unicamente fidarti delle promesse di Gesù e del suo Padre Celeste.
Il modo migliore per esprimere la tua fede è fare una preghiera sincera a Dio, per dirgli che vuoi essere perdonato dei tuoi peccati e vuoi ricevere per fede la salvezza e la vita eterna.
Ecco un esempio di questo tipo di preghiera:
“Padre celeste, grazie per avere mandato Gesù Cristo sulla terra per morire per pagare tutti i miei peccati. Io ti confesso che sono un peccatore e che mi dispiace di averti offeso con i miei peccati per tanto tempo. Perdonami, ti prego, per i meriti di Gesù, e donami la fede per credere che tu mi hai perdonato e che sono salvo per sempre. Aiutami a crescere nella mia relazione con te e aiutami a vivere ogni giorno secondo la tua volontà. Amen.”La Bibbia spiega l’inizio di questa vita con Gesù come nascere di nuovo. Un “bebé” ha bisogno di tante cose: soprattutto cibo e cura. Per il credente, il cibo viene dalla lettura e lo studio della Sacra Bibbia. La cura gli viene attraverso la preghiera e anche attraverso la compagnia di fratelli e sorelle spirituali che stanno imparando e crescendo come lui.
Per aiutarti nella crescita, abbiamo altri scritti gratuiti che possiamo spedirti, e siamo sempre disponibili per rispondere alle tue domande. Qui sotto c’è l’indirizzo a cui ci puoi scrivere.
Istituto Biblico Bereano
Via Pozzuoli 9
000182 Roma (RM)
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