Particolarmente in un campo come la religione, e come la Bibbia, che è stata scritta almeno duemila anni fa, le parole spesso hanno cambiato significato. Le seguenti spiegazioni ti aiuteranno a capire se stiamo dicendo, tu ed io, la stessa cosa.
Il peccato
Oggi non si capisce più cosa sia il peccato. Alcuni dicono che il peccato non esiste, perché si tratta soltanto di un nome per gli errori che ognuno può fare, senza intendere di fare male o di offendere nessuno. Le diverse religioni, le sette, i filosofi e gli psicologi fanno una grande confusione riguardo a questa parola. O la parola non vuol dire nulla, o bisognerebbe riscoprire il suo significato giusto.
Secondo la Bibbia, non sono gli uomini o le chiese che decidono cosa sia il peccato (come, per esempio, mangiare o no la carne il venerdì, cosa di cui la Bibbia non parla proprio), ma è Dio che lo definisce.
Dio, quando ha creato l’uomo, voleva che vivesse in un mondo perfetto, in uno stato di maturità esemplare, in un mondo in cui fosse in armonia con il creato, con le bestie e gli uomini, e, soprattutto, in armonia con Dio. Perciò, qualsiasi pensiero, atteggiamento, parola o azione che non contribuisce, o che interferisce, con questo equilibrio perfetto significa che l’uomo fa male a se stesso, diffonde il male nel mondo in cui vive e, soprattutto, offende Dio stesso. Sono questi pensieri, parole e azioni che la Bibbia chiama peccato.
Quando noi guardiamo intorno a noi, alla nazione e alla società in cui viviamo, e quando guardiamo dentro di noi, possiamo riconoscere che il peccato è dappertutto. La Bibbia conferma la nostra osservazione con queste parole: “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23). O sarebbe meglio dire questo in modo diverso: sono le nostre azioni, parole e pensieri che confermano la veridicità assoluta di questa affermazione biblica. In realtà, abbiamo tutti peccato e tutti pecchiamo ogni giorno.
La morte
La Bibbia insegna che il risultato del peccato nella vita di ogni persona umana è la sua morte. Ma anche qui è necessaria una definizione precisa.
Ai primi due esseri umani, che aveva creati nella perfezione e messi in un luogo perfetto, Dio disse: “nel giorno che tu (mi disubbidirai), certamente morirai” (Genesi 2:17).
Questo può sembrare un risultato non proporzionato alla disubbidienza, ma la disubbidienza a Dio ha inserito in un mondo perfetto un principio di imperfezione dalle dimensioni disastrose. L’uomo, come essere che si è ribellato a Dio, ha perso il diritto di godere la comunione con Dio per la quale era stato espressamente creato.
È stato confermato il principio spirituale espresso da Dio nel suo avvertimento ad Adamo, e ricordato dall’Apostolo Paolo: “il salario (la paga) del peccato è la morte” (Romani 6:23).
Nel giorno in cui Adamo ed Eva disubbidirono a Dio non morirono fisicamente. Ma furono esclusi dalla sua presenza e persero la possibilità di avere una relazione di amore e comunione con Dio. Questa separazione da Dio è chiamata, nella Bibbia, “morte spirituale” e tutti gli uomini che peccano, cioè tutti noi, sono già morti spiritualmente e, un giorno, moriranno anche fisicamente.
L’apostolo Paolo l’ha spiegato così: “Per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato...” (Romani 5:12)
Abbiamo visto che, secondo la Bibbia, tutti gli uomini sono dei peccatori, e perciò tu ed io lo siamo. Possiamo dire che, come peccatori, tu ed io siamo già effettivamente dichiarati “morti” spiritualmente e, per di più, saremo soggetti, nel futuro, anche alla morte fisica.
Come peccatori, il nostro destino è già segnato: ci spetta la separazione eterna da Dio.
Il Figlio di Dio
Ma Gesù Cristo, Figlio unico di Dio, è venuto per risolvere il problema della nostra morte spirituale e della separazione da Dio.
A volte si dice, sbagliando, che siamo tutti figli di Dio. In effetti, siamo tutti “creature di Dio” e siamo stati “creati a sua immagine e somiglianza”. Dato che, agli occhi di Dio, siamo morti spiritualmente e che pecchiamo costantemente, più che chiarmarci “figli di Dio”, la Bibbia ci chiama “ribelli” a Dio, e a giudicare dalla nostra vita vissuta, l’apostolo Paolo dice che siamo “nemici di Dio”. Anche se noi non lo abbiamo mai capito prima, questo è il modo in cui Dio ci vede.
Quando Gesù è nato come uomo, Egli è stato chiamato più volte, “Figlio di Dio”. Questo titolo significava che Lui era Dio stesso, perché il figlio ha le caratteristiche e le qualità del padre.
A quei tempi, gli Ebrei capirono correttamente che Gesù intendeva presentarsi non solo come Figlio di Dio, ma come Dio stesso, e per questo atto, che considerarono non solo falso ma anche blasfemo, cercarono di ucciderlo. Alla fine, ci riuscirono.
Ma questa qualità divina di Gesù è la nostra salvezza, perché Egli è venuto per “pagare” per i nostri peccati. Come peccatori, noi non eravamo capaci di “pagare” o toglierci i nostri peccati, cioè quella macchia di colpa che Dio vedeva ogni volta che ci guardava. Per di più, se, per ipotesi, avessimo peccato una sola volta nella vita, e, poi, vissuto una vita esemplare per tutto il resto del nostro tempo sulla terra, non avremmo potuto ugualmente salvarci. Ecco perché: vivere per tanti anni senza uno solo peccato (cosa che è ovviamente impossibile), sarebbe stato, alla fine, soltanto fare il nostro dovere, niente di più. Non avremmo potuto, con quella buona condotta, cancellare il nostro peccato, neanche se fosse stato uno solo. Non avevamo noi nulla con cui pagarlo.
Gesù, invece, pure vivendo fra gli uomini come uomo, non ha mai peccato. Non aveva neanche un solo peccato da scontare o pagare per conto proprio. Ma aveva il potere di morire per pagare il peccato di un altro. E, essendo lui Dio stesso, aveva la possibilità di mettere la sua santità a nostra disposizione, mentre Egli si caricava del nostro peccato, per pagarlo.
L’apostolo Paolo, lo ha spiegato così: “Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Corinzi 5:21).
“Colui che non ha conosciuto peccato cioè Gesù, che non aveva mai peccato e perciò non “conosceva” lo stato di peccatore Egli, cioè Dio stesso, lo ha fatto diventare peccato (ha fatto in modo che Gesù stesso fosse considerato come la somma di tutto i peccati mai commessi), affinché noi (peccatori condannati) diventassimo (o fossimo considerati come se possedessimo) la giustizia di Dio, in lui (Cristo).
L’apostolo Pietro ha spiegato l’opera di Cristo per noi così: “Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le sue ferite siete stati guariti” (1 Pietro 2:24).
Essere liberati dalla pena dei nostri peccati non dipende da noi. Noi non avevamo né abbiamo alcun merito che potrebbe valere per pagare la condanna dei nostri peccati. Abbiamo bisogno di un Salvatore, di qualcuno che porta via i nostri peccati. Quella persona è Gesù, il Figlio unico di Dio, che per amore di te e di me, ha pagato il prezzo infinito della nostra redenzione, morendo sulla croce, quando suo Padre stesso lo ha abbandonato, perché coperto dal carico del nostro peccato.
Ma come possiamo procurarci questo incredibile, indescrivibile perdono e sapere che siamo salvati per l’eternità?
La fede (il credere)
Ottenere da Dio la sua grazia, il suo perdono, la sua benedizione, il dono della vita eterna è spiegato nella Bibbia come ricevere un dono da Dio, qualcosa che noi non possiamo meritare o guadagnare. Non bastano le nostre buone opere né i riti e i sacramenti, o i meriti di altri per acquistarli.
- Non può dipendere dalla nostra bontà naturale perché ci vorrebbe una bontà perfetta, che non è mai venuta meno, neanche una volta. Ma la Bibbia dice: “Non vi è alcun giusto, neppure uno” (Romani 3:10).
- Non può dipendere dalle nostre opere buone e meriti, perché ogni atto nostro è limitato dalla nostra umanità e dal nostro peccato. Isaia, il profeta, parla nell’Antico Testamento dell’uomo che, pure credendo e volendo di fare il bene, o addirittura riuscendo a farlo, non fa altro che ingannarsi, perché: “Tutti quanti siamo diventati come l'uomo impuro, tutta la nostra giustizia come un abito sporco; tutti quanti appassiamo come foglie e la nostra iniquità ci porta via come il vento” (Isaia 64:6).
- Non può dipendere dai riti religiosi che abbiamo fatto, o che altri hanno fatto per noi, come è scritto nella Lettera agli Ebrei: “Ogni sacerdote sta in piedi ogni giorno a svolgere il suo servizio e offrire ripetutamente gli stessi sacrifici che non possono mai togliere i peccati, (ma) Gesù, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio” (Ebrei 10:11,12).
Per rendere chiara la soluzione che Dio ha creata per la salvezza dell’uomo dalla condanna dei suoi peccati, l’apostolo Paolo ha scritto: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti” (Efesini 2:8,9).
Dio, dice l’apostolo Paolo, non fonda la nostra salvezza dai peccati e dalla morte sulle nostre opere buone, cioè sulle nostre preghiere, penitenze, battesimo o elemosine. Piuttosto, siamo salvati “per grazia”, cioè per la bontà di Dio. La grazia è il motivo per cui Dio agisce in nostro favore, proprio quando noi non meritiamo nulla.
E l’apostolo dice che Dio usa un mezzo per permetterci di ricevere la sua grazia. Questo mezzo è la fede, il credere completamente in ciò che Cristo ha fatto per noi, e non in quello che noi crediamo di potere fare. Paolo dice, parlando della salvezza, della grazia e della fede, cioè di questa opera di Dio, “ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti”.
Paolo spiega che se la salvezza si ottenesse per mezzo delle nostre buone opere, non sarebbe più per fede. Ma se la salvezza è un dono di Dio che noi riceviamo per mezzo della fede, allora non è ottenuto affatto per mezzo delle nostre buone opere.
Nella sua lettera ai Romani 11;6, egli scrive proprio questo: “Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia”.
Alla luce di questi insegnamenti biblici, è chiaro che non possiamo essere salvati per qualcosa che abbiamo fatto o per qualcosa che qualche altra persona ha fatto a noi, per esempio, il battesimo, la comunione, la confessione e l’assoluzione.
La salvezza avviene unicamente per la grazia di Dio, mediante la nostra fede.
Tu credi che Gesù Cristo è il Salvatore che Dio ha mandato per morire sulla croce per pagare ogni tuo debito di peccato? Tu credi che Gesù è morto per te, al tuo posto, perché potesse donarti il dono merviglioso del perdono di tutti i tuoi peccati, facendoti anche il dono della vita eterna con Lui in cielo?
“Credere” non è un’opera meritoria per meritare la salvezza, ma unicamente fidarti delle promesse di Gesù e del suo Padre Celeste.
Il modo migliore per esprimere la tua fede è fare una preghiera sincera a Dio, per dirgli che vuoi essere perdonato dei tuoi peccati e vuoi ricevere per fede la salvezza e la vita eterna.
Ecco un esempio di questo tipo di preghiera:
“Padre celeste, grazie per avere mandato Gesù Cristo sulla terra per morire per pagare tutti i miei peccati. Io ti confesso che sono un peccatore e che mi dispiace di averti offeso con i miei peccati per tanto tempo. Perdonami, ti prego, per i meriti di Gesù, e donami la fede per credere che tu mi hai perdonato e che sono salvo per sempre. Aiutami a crescere nella mia relazione con te e aiutami a vivere ogni giorno secondo la tua volontà. Amen.”La Bibbia spiega l’inizio di questa vita con Gesù come nascere di nuovo. Un “bebé” ha bisogno di tante cose: soprattutto cibo e cura. Per il credente, il cibo viene dalla lettura e lo studio della Sacra Bibbia. La cura gli viene attraverso la preghiera e anche attraverso la compagnia di fratelli e sorelle spirituali che stanno imparando e crescendo come lui.
Per aiutarti nella crescita, abbiamo altri scritti gratuiti che possiamo spedirti, e siamo sempre disponibili per rispondere alle tue domande. Qui sotto c’è l’indirizzo a cui ci puoi scrivere.
Istituto Biblico Bereano
Via Pozzuoli 9
000182 Roma (RM)
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